Mia analisi dal Limes 6/2017 intitolato “Mediterranei” dedicato alla geopolitica del Mar Mediterraneo, specchio della disunione europea, canale dei migranti e snodo commerciale internazionale.
Dal 6 luglio in queste edicole, queste librerie, ebook (anche su Kindle) e su iPad
Gli investimenti cinesi nei porti mediterranei scorrono lungo la rotta marittima delle nuove vie della seta. Il Pireo è il perno, il Canale di Suez il collo di bottiglia. Gibuti come trampolino militare. Trieste e Genova, le mete promesse.
La Cina ha gettato l’ancora nel Mediterraneo. Pechino sta investendo massicciamente nei portidel Mare nostrum per farne la cerniera tra la rotta terrestre e quella marittima della Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta), il progetto infrastrutturale e commerciale lanciato da Xi Jinping nel 2013. La Repubblica Popolare è interessata ai porti che hanno un valore strategico, possibilmente collocati in paesi stabili sul piano politico ed economico, che le consentano di controllare i colli di bottiglia del commercio mondiale oppure di sviluppare rotte alternative per ridurre la dipendenza dagli stessi. Seppur in ritardo rispetto ad altri Stati, l’Italia si sta ritagliando un ruolo nella Bri. Lo ha confermato il viaggio di metà maggio del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in Cina per il Forum delle nuove vie della seta, dove ha ottenuto l’ok dei cinesi agli investimenti nel porto di Trieste e Genova.
[Carta di Laura Canali, Limes]
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