Mio breve commento per la rassegna geopolitica di Limes.
Questa settimana si è svolta a Pechino la sesta sessione del diciottesimo Comitato centrale del Partito comunista cinese (Pcc). Al momento poche informazioni sono state diffuse.
L’assemblea si è concentrata su lotta alla corruzione e necessità di rafforzare la supervisione e la regolamentazione della condotta dei membri del Partito. Su questi temi il Comitato ha approvato due importanti documenti, non ancora divulgati.
Durante il plenum, Xi Jinping è stato ufficialmente indicato come “nucleo” (hexin) del Pcc. Nei mesi scorsi, leader municipali e provinciali e alcuni media si sono riferiti al presidente con questo titolo, in passato usato per definire Mao Zedong, Deng Xiaoping e (molto raramente) Hu Jintao, “cuori” delle rispettive generazioni di leadership.
L’ufficializzazione di Xi come “nucleo” lo consacra fulcro del Partito e mette in guardia i suoi oppositori in vista del prossimo Congresso nazionale. In particolare quelli nelle file della Lega della gioventù comunista e coloro che si oppongono alla riforma delle imprese statali, da cui in parte dipende il futuro dell’economia cinese.
Il Congresso nazionale, che si terrà nella seconda metà del 2017, è importante per tre motivi: segnerà l’inizio del secondo mandato da presidente di Xi, determinerà il nuovo Comitato permanente del politburo e dovrebbe rendere pubblico il nome di colui che nel 2022 sostituirà il “nucleo” alla guida della Repubblica popolare.
Su quest’ultimo punto il condizionale è necessario in quanto sembra che Xi non abbia ancora deciso chi proporre come erede. Ciò ha spinto (forse prematuramente) molti media occidentali a ipotizzare per il “nucleo” un prolungamento della presidenza o della carica di segretario del Pcc.