La tensione torna alta nel Mar Cinese Orientale. Secondo il ministero della Difesa giapponese, una nave spia dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) è entrata nelle acque territoriali nipponiche in prossimità dell’isola di Kuchinoerabu, a 38 miglia nautiche dall’isola di Kyushu, una delle principali del paese.
Un evento simile si era verificato nel 2004, quando un sottomarino nucleare dell’Epl ha varcato le 12 miglia nautiche intorno all’isola di Sakishima.
Non è chiaro se la manovra cinese sia svolta oppure no in conformità con la Convenzione Onu del diritto del mare, la quale afferma che il passaggio “innocente”, “continuo e spedito” di una nave straniera attraverso le acque territoriali di un altro paese è consentito. Per essere di questo tipo, non deve naturalmente implicare l’attività di intelligence. La nave protagonista del transito è stata una 815 Dongdiao, adibita proprio a tale attività. Ad ogni modo, Tokyo afferma che il passaggio è durato qualche ora ma non ne specifica le ragioni.
Il 9 giugno una fregata cinese (con 3 navi russe) è entrata nella zona contigua dell’isola di Kuba, che fa parte dell’arcipelago Senkaku/Diaoyu. Questo è controllato da Tokyo ma rivendicato da Pechino che nel 2013 ha creato qui una Zona d’identificazione per la difesa aerea (Adiz) .
L’aumento delle attività cinesi nel Mar Cinese Orientale avviene in un momento delicato. A breve infatti la Corte permanente di arbitrato presso L’Aia dovrebbe emettere un verdetto sulle dispute marittime tra Cina e Filippine nel Mar Cinese Meridionale. L’esito, qualunque esso sia, potrebbe avere importanti ripercussioni sulla strategia marittima della Cina in Asia-Pacifico.