Tre fattori incidono sul fabbisogno energetico della Repubblica popolare cinese (Rpc): essere il paese più popoloso al mondo (1 miliardo e 400 milioni di abitanti); avere un tasso di crescita del PIL pari al 7% nel 2015; essere il più grande produttore, consumatore e importatore di carbone, risorsa che ha rappresentato nel 2012 il 66% del fabbisogno energetico cinese. La combinazione di questi elementi rende la Rpc il principale emettitore di anidride carbonica al mondo. Ragion per cui Pechino deve diversificare il più possibile le fonti di approvvigionamento energetico, valorizzando quelle meno inquinanti. In base all’accordo del novembre scorso tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo Usa Barack Obama, la Cina intende raggiungere il picco di emissioni di CO2 intorno al 2030 e aumentare l’utilizzo di combustibili non fossili del 20%.
In tale ambito s’intravede qualche segnale positivo. Secondo Greenpeace, nei primi quattro mesi del 2015, in Cina i consumi di carbone sono scesi dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e le emissioni di anidride carbonica sono diminuite del 4%2. Se la Rpc confermasse questo trend potrebbe chiudere l’anno con la più grande riduzione mai registrata da un singolo paese sia per l’utilizzo di carbone sia per la produzione di CO2. Su questa flessione hanno inciso in parte il rallentamento del tasso di crescita della produzione industriale cinese (5,9% ad aprile, quasi 3 punti percentuali in meno rispetto all’anno prima) e quello della produzione di questo combustibile (-7,4%)3. Pechino ha annunciato che quest’anno chiuderà 1.254 miniere di carbone4.
Il petrolio è la seconda risorse energetica più utilizzata dalla Cina (20% dei consumi). Nonostante questo paese sia il quarto più grande produttore al mondo di greggio, le sue riserve non sono sufficienti per soddisfare la domanda interna, quindi Pechino deve importarne ingenti quantità dall’estero. Negli ultimi cinque anni queste sono aumentate del 30%5 e ad aprile la Cina è diventata il più grande importatore di petrolio al mondo (superando gli Usa) con 30 milioni di tonnellate (7.37 milioni di barili al giorno). In tale contesto, il Medio Oriente (ha un ruolo fondamentale. Nel 2013, il 52% del petrolio importato dalla Rpc arrivava da questa regione. L’Arabia Saudita è il suo primo fornitore di greggio (19%) al mondo, l’Iraq è il quinto, l’Iran è il sesto. La Cina preme per la conclusione dell’accordo sul programma nucleare iraniano tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania (i cosiddetti “P5+1”) e la Repubblica Islamica affinché siano rimosse le sanzioni sulle esportazioni di petrolio di questo paese. Dati i buoni rapporti tra Teheran e Pechino, in tale circostanza l’Iran acquisirebbe maggiore rilievo nelle strategie energetiche cinesi.
La Rpc sta puntando anche su altre fonti energetiche “più pulite”, ma al momento il loro consumo è nettamente inferiore rispetto a quello del carbone e del petrolio. Nel 2012, l’energia idroelettrica ha rappresentato l’8% dei consumi nazionali cinesi. La diga delle Tre Gole, costruita sul Fiume Azzurro nello Hubei e costata oltre 25 miliardi di dollari, è il più grande impianto al mondo in termini di energia prodotta. Tuttavia la sua costruzione ha comportato il trasferimento di 1,5 milioni di abitanti e la distruzione d’innumerevoli siti archeologici.
La produzione e il consumo di gas naturale sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi 15 anni, ma questo rappresenta solo il 5% delle risorse energetiche utilizzate in Cina. Lo scorso novembre, il Consiglio di Stato (organo esecutivo del governo centrale cinese) ha stabilito che entro il 2020 il consumo di metano dovrà raggiungere il 10%, mentre quello di carbone dovrà scendere sotto il 62%. Pechino intende aumentare sia la produzione sia le importazioni di gas. Basti pensare all’accordo da 400 miliardi di dollari firmato con la Russia (suo partner economico e rivale strategico) nel 2014, secondo cui la Cina riceverà da questo paese 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno per 30 anni a cominciare dal 2018. Ciò aiuterà Pechino a perseguire i suoi obiettivi.
Interessanti sono le prospettive riguardanti lo shale gas. La Cina possiede le più grandi riserve al mondo di gas da scisti bituminosi tecnicamente recuperabile, ma ad oggi in tale campo l’industria cinese non è avanzata quanto quella statunitense. Pechino sta sostenendo la ricerca tecnologica, fornendo incentivi fiscali alle aziende e liberalizzando progressivamente questo mercato, gestito prevalentemente da imprese statali. Uno degli obiettivi principali è ridurre i costi dell’estrazione dello shale gas. Nel 2013 la China National Petroleum Corp. (Cnpc) e la China Petroleum & Chemical Corp. (Sinopec) hanno perso oltre 1 miliardo di dollari in quest’attività6. Sui costi non influiscono solo le capacità tecnologiche e l’expertise delle aziende cinesi, ma anche la conformazione geologica dei giacimenti, che rende più complessa l’estrazione rispetto a quella condotta negli Usa. Malgrado queste problematiche, secondo British Petroleum, la Cina diventerà entro il 2035 il secondo più grande produttore di shale gas dopo il Nord America7.
Pechino possiede la più grande industria al mondo per produzione di pannelli fotovoltaici e aerogeneratori e l’anno scorso ha speso 90 miliardi di dollari in fonti rinnovabili8. Tuttavia al momento queste risorse rappresentano solo l’1% dei consumi energetici cinesi. Non v’è dubbio che per contenere l’utilizzo del carbone e ridurre le emissioni di gas serra la Cina farà maggiori sforzi in tale settore. Anche il nucleare rappresenta solo l’1% del mix energetico cinese. Nella Rpc, 23 centrali sono attive e 26 sono in costruzione. Gli impianti si concentrano prevalentemente sulla costa Est del paese, suo cuore politico ed economico. Quest’anno, altre 8 dovrebbero diventare operative, segnando per la Cina il più grande aumento nella produzione nucleare in un singolo anno. Per questo motivo, il segretario dell’Associazione cinese per l’energia nucleare Zhang Huazhu ha detto che il 2015 sarà un “anno cruciale” per il settore, considerato fondamentale per ridurre il consumo di carbone9.
In Cina l’inquinamento determinato dalla prorompente crescita economica sta riducendo le capacità produttive del paese (il 40% dei territori coltivabili si è degradato10) e danneggiando la qualità di vita dei suoi abitanti. Per Pechino, consapevole che dal benessere dei cinesi dipende anche la stabilità del sistema politico e il primato del Partito comunista, trovare un equilibrio tra soddisfacimento della domanda energetica interna e riduzione delle emissioni di CO2 è quindi un obiettivo prioritario.
In tale ambito s’intravede qualche segnale positivo. Secondo Greenpeace, nei primi quattro mesi del 2015, in Cina i consumi di carbone sono scesi dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e le emissioni di anidride carbonica sono diminuite del 4%2. Se la Rpc confermasse questo trend potrebbe chiudere l’anno con la più grande riduzione mai registrata da un singolo paese sia per l’utilizzo di carbone sia per la produzione di CO2. Su questa flessione hanno inciso in parte il rallentamento del tasso di crescita della produzione industriale cinese (5,9% ad aprile, quasi 3 punti percentuali in meno rispetto all’anno prima) e quello della produzione di questo combustibile (-7,4%)3. Pechino ha annunciato che quest’anno chiuderà 1.254 miniere di carbone4.
Il petrolio è la seconda risorse energetica più utilizzata dalla Cina (20% dei consumi). Nonostante questo paese sia il quarto più grande produttore al mondo di greggio, le sue riserve non sono sufficienti per soddisfare la domanda interna, quindi Pechino deve importarne ingenti quantità dall’estero. Negli ultimi cinque anni queste sono aumentate del 30%5 e ad aprile la Cina è diventata il più grande importatore di petrolio al mondo (superando gli Usa) con 30 milioni di tonnellate (7.37 milioni di barili al giorno). In tale contesto, il Medio Oriente (ha un ruolo fondamentale. Nel 2013, il 52% del petrolio importato dalla Rpc arrivava da questa regione. L’Arabia Saudita è il suo primo fornitore di greggio (19%) al mondo, l’Iraq è il quinto, l’Iran è il sesto. La Cina preme per la conclusione dell’accordo sul programma nucleare iraniano tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania (i cosiddetti “P5+1”) e la Repubblica Islamica affinché siano rimosse le sanzioni sulle esportazioni di petrolio di questo paese. Dati i buoni rapporti tra Teheran e Pechino, in tale circostanza l’Iran acquisirebbe maggiore rilievo nelle strategie energetiche cinesi.
La Rpc sta puntando anche su altre fonti energetiche “più pulite”, ma al momento il loro consumo è nettamente inferiore rispetto a quello del carbone e del petrolio. Nel 2012, l’energia idroelettrica ha rappresentato l’8% dei consumi nazionali cinesi. La diga delle Tre Gole, costruita sul Fiume Azzurro nello Hubei e costata oltre 25 miliardi di dollari, è il più grande impianto al mondo in termini di energia prodotta. Tuttavia la sua costruzione ha comportato il trasferimento di 1,5 milioni di abitanti e la distruzione d’innumerevoli siti archeologici.
La produzione e il consumo di gas naturale sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi 15 anni, ma questo rappresenta solo il 5% delle risorse energetiche utilizzate in Cina. Lo scorso novembre, il Consiglio di Stato (organo esecutivo del governo centrale cinese) ha stabilito che entro il 2020 il consumo di metano dovrà raggiungere il 10%, mentre quello di carbone dovrà scendere sotto il 62%. Pechino intende aumentare sia la produzione sia le importazioni di gas. Basti pensare all’accordo da 400 miliardi di dollari firmato con la Russia (suo partner economico e rivale strategico) nel 2014, secondo cui la Cina riceverà da questo paese 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno per 30 anni a cominciare dal 2018. Ciò aiuterà Pechino a perseguire i suoi obiettivi.
Interessanti sono le prospettive riguardanti lo shale gas. La Cina possiede le più grandi riserve al mondo di gas da scisti bituminosi tecnicamente recuperabile, ma ad oggi in tale campo l’industria cinese non è avanzata quanto quella statunitense. Pechino sta sostenendo la ricerca tecnologica, fornendo incentivi fiscali alle aziende e liberalizzando progressivamente questo mercato, gestito prevalentemente da imprese statali. Uno degli obiettivi principali è ridurre i costi dell’estrazione dello shale gas. Nel 2013 la China National Petroleum Corp. (Cnpc) e la China Petroleum & Chemical Corp. (Sinopec) hanno perso oltre 1 miliardo di dollari in quest’attività6. Sui costi non influiscono solo le capacità tecnologiche e l’expertise delle aziende cinesi, ma anche la conformazione geologica dei giacimenti, che rende più complessa l’estrazione rispetto a quella condotta negli Usa. Malgrado queste problematiche, secondo British Petroleum, la Cina diventerà entro il 2035 il secondo più grande produttore di shale gas dopo il Nord America7.
Pechino possiede la più grande industria al mondo per produzione di pannelli fotovoltaici e aerogeneratori e l’anno scorso ha speso 90 miliardi di dollari in fonti rinnovabili8. Tuttavia al momento queste risorse rappresentano solo l’1% dei consumi energetici cinesi. Non v’è dubbio che per contenere l’utilizzo del carbone e ridurre le emissioni di gas serra la Cina farà maggiori sforzi in tale settore. Anche il nucleare rappresenta solo l’1% del mix energetico cinese. Nella Rpc, 23 centrali sono attive e 26 sono in costruzione. Gli impianti si concentrano prevalentemente sulla costa Est del paese, suo cuore politico ed economico. Quest’anno, altre 8 dovrebbero diventare operative, segnando per la Cina il più grande aumento nella produzione nucleare in un singolo anno. Per questo motivo, il segretario dell’Associazione cinese per l’energia nucleare Zhang Huazhu ha detto che il 2015 sarà un “anno cruciale” per il settore, considerato fondamentale per ridurre il consumo di carbone9.
In Cina l’inquinamento determinato dalla prorompente crescita economica sta riducendo le capacità produttive del paese (il 40% dei territori coltivabili si è degradato10) e danneggiando la qualità di vita dei suoi abitanti. Per Pechino, consapevole che dal benessere dei cinesi dipende anche la stabilità del sistema politico e il primato del Partito comunista, trovare un equilibrio tra soddisfacimento della domanda energetica interna e riduzione delle emissioni di CO2 è quindi un obiettivo prioritario.
Account twitter @giorgiocus
2 China is on track for the biggest reduction in coal use ever recorded , Quartz, 14/5/2015.
3 Industrial Production Operation in April 2015 , National Bureau Statistics of China.
4 China pledges tougher measures to cut overcapacity , People’s Daily, 7/5/2015.
5 China tops US in April oil imports: report , China Daily, 12/5/2015.
6 China’s Elusive Shale Gas Boom , Caixin, 6/4/2015.
7 BP highlights China’s surging shale gas production , Shanghai Daily, 28/4/2015.
8 M. L. CLIFFORD, Chinese Coal Cuts , China Us Focus,13/5/2015.
9 ‘ Crucial year’ for nuclear energy sector , China Daily, 23/4/2015.
10 More than 40% of China’s arable land degraded: report , China Daily, 5/11/2014.
3 Industrial Production Operation in April 2015 , National Bureau Statistics of China.
4 China pledges tougher measures to cut overcapacity , People’s Daily, 7/5/2015.
5 China tops US in April oil imports: report , China Daily, 12/5/2015.
6 China’s Elusive Shale Gas Boom , Caixin, 6/4/2015.
7 BP highlights China’s surging shale gas production , Shanghai Daily, 28/4/2015.
8 M. L. CLIFFORD, Chinese Coal Cuts , China Us Focus,13/5/2015.
9 ‘ Crucial year’ for nuclear energy sector , China Daily, 23/4/2015.
10 More than 40% of China’s arable land degraded: report , China Daily, 5/11/2014.