Gli organi di stampa cinesi propongono con crescente insistenza la tesi secondo cui la Repubblica Popolare non sarebbe l’origine della pandemia di coronavirus. Questa teoria ora coinvolge anche l’Italia, secondo paese al mondo per contagi.
Un articolo pubblicato dal quotidiano Huanqiu Shibao afferma che la malattia potrebbe essersi diffusa nella Penisola prima dello scoppio dell’epidemia in Cina. Tale ipotesi prende spunto dall’intervista rilasciata alla statunitense National Public Radio dal Dr. Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Remuzzi afferma che si sono registrate polmoniti insolite in Italia già a fine novembre, prima che si sapesse dell’epidemia in Cina.
Il riferimento, strumentalmente messo in risalto anche dall’agenzia di stampa Xinhua,non basta per alludere all’Italia (o ad altri paesi) come primo focolaio del virus. Del resto, come sottolineato dal South China Morning Post, il primo caso di contagio nella Repubblica Popolare risalirebbe almeno al 17 novembre.
Tuttavia, in questo contesto il bersaglio privilegiato di Pechino non è l’Italia. La scorsa settimana Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha detto che potevano essere state le Forze armate statunitensi ad aver contagiato la Repubblica Popolare durante i Giochi militari mondiali, svoltisi a Wuhan a fine ottobre.
Queste supposizioni sull’origine del virus (prive di prove concrete) e l’ingente quantità di aiuti sanitari offerti ai paesi stranieri (Italia inclusa) lasciano intendere quanto sia importante per Pechino impedire alla pandemia di nuovo coronavirus di danneggiare il proprio soft power. Anche a costo di chiamare in causa l’Italia, che un anno fa ha aderito ufficialmente alle nuove vie della seta sottovalutando l’importanza strategica di quel gesto.