Il mio commento per la rubrica il Mondo oggi di Limes.
Joshua Wong, uno dei leader della rivoluzione degli ombrelli di Hong Kong del 2014, è stato fermatoall’aeroporto di Bangkok e rispedito a casa. Wong era stato invitato a parlare presso l’università Chulalongkorn nella capitale thailandese in occasione del quarantesimo anniversario di una manifestazione studentesca repressa con la violenza dalle forze dell’ordine.
Non è la prima volta che l’attivista viene respinto da un paese straniero. Lo scorso maggio anche la Malaysia gli aveva impedito l’accesso per non mettere a rischio la sicurezza del paese e danneggiare i rapporti con la Cina.
La Thailandia, dove dal 2014 il governo è nelle mani di una giunta militare, ha assecondato le richieste cinesi in materia di deportazione anche in altre occasioni.
La prima quando ha rimpatriato nella Repubblica popolare un centinaio di uiguri, minoranza musulmana e turcofona che vive nella regione del Xinjiang, intenzionati a raggiungere la Turchia – alcuni di loro probabilmente per entrare in Siria.
La seconda quando avrebbe permesso a Pechino di prelevare da un resort di Pattaya un libraio hongkonghese accusato insieme ad altri suoi colleghi di voler contrabbandare un volume su una presunta relazione amorosa del presidente cinese Xi Jinping durante la sua gioventù.
Pechino non vuole che il giovane Wong si faccia portavoce all’estero della richiesta di maggiore democrazia proveniente da una parte della popolazione di Hong Kong, in particolare dei più giovani. In tale ambito sia Bangkok sia Kuala Lumpur, che risentono della pressione politica cinese e hanno problemi di natura interna, hanno ritenuto la presenza dell’attivista un rischio per i loro interessi nazionali.